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L’Isola Misteriosa – Melodramma musicale di Shulùq Ensemble nell’ambito della XVIII Edizione del Festival Culturale Europeo.

Shulùq Ensemble

Calogero Giallanza (flauto)

Salim Dada (chitarra,
kwitra, voce)

Simone Pulvano (percussioni)

Francesco Randazzo (voce narrante)

presentano:

“Il Vicerè dell’Isola Ferdinandea”

( Il Sogno di Hamdìs )

di Francesco Randazzo

Un progetto di Calogero Giallanza e Filippo Luna

Il Viceré
dell’ Isola Ferdinandea

( Il Sogno di Hamdìs )

fabula teatrale di Francesco Randazzo

“Il Viceré dell’isola Ferdinandea”, nasce dalla mia personale scoperta e dal successivo innamoramento per la poesia Arabo Siciliana, fra le più belle e affascinanti che mi sia stato dato di conoscere durante i miei studi e le mie curiosità letterarie. Nata in Sicilia nel magnifico crogiuolo di arte e civiltà del periodo in cui gli arabi governavano, canta l’amore per questa terra con accenti, immagini, e dopo la cacciata normanna nostalgie che solo un siciliano sa sentire per la sua terra. E’ raro trovare un sentimento più alto di “sicilianità” in tutta la nostra poesia ed è indubbio che la poesia siciliana, in senso alto, sia nata proprio in quel periodo e che persino la più nota Scuola Poetica Siciliana di Federico II abbia avuto debiti diretti con la poesia Arabo Siciliana.

Ho trasposto e immaginato una storia in una lingua dialettale alta, cortigiana, ispirandomi al più grande poeta di quell’epoca, Ibn Hamdis, (del quale ho tradotto in versi siciliani buona parte del canzoniere) reinventando anche la lingua siciliana del coltissimo 700 palermitano, prendendo a prestito, arabismi, latinismi, grecismi e soprattutto recuperando la nozione di canto che è la radice prima della poesia; e la leggenda dell’Isola Ferdinandea è divenuta per me il simbolo di un mondo perduto che rivive solo nel desiderio di
chi vuole ancora sognare, ascoltando voci lontane, echi smarriti, ricordi dimenticati nel mare profondo della storia.

L’attualità del mondo ha poi provveduto, purtroppo, a far sì che l’afflato di un mondo migliore, desiderato e cercato, anche a costo della vita, fosse incarnato, proprio nel tratto di mare in cui si svolge la vicenda del testo, dalle migliaia di migranti che lo percorrono, fuggendo in esilio disperato, verso la libertà e la salvezza, ma anche spesso tragicamente, verso un destino di vite spezzate e disperse; oggi, così, l’isola Ferdinandea diviene ancor più simbolo e metafora di un approdo oltre la crudeltà del mondo reale.

F.R.

SHULÙQ Ensemble

Suoni e Ritmi dal Mediterraneo

·
Calogero
GIALLANZA Salim
DADA
Simone Pulvano

§
Flauto Chitarra
kwitra e
voce
Percussioni

Francesco
RANDAZZO Voce narrante

L’inizio tempo fa, un incontro telefonico tra un flautista e un compositore, dopo, via internet, dialoghi collaborazioni musicali e amicizia. Si elabora l’idea di un disco e si concretizza. Il percussionista apporta alla fine il sapore ritmico, tutto il Mediterraneo è là. Così nasce all’uscita di “Shulùq” (Roma,2011) l’idea di creare un insieme che suona melodie e ritmi che arrivano da lontano, uniscono culture diverse e vedono il Mediterraneo senza frontiere.
Un’avventura umana e artistica in cui si mescolano compositori, esecutori,improvvisatori e cantanti.

Il progetto Shulùq vuole essere un omaggio ai popoli e alle culture che si affacciano sul Mediterraneo attraverso l’incontro di musicisti provenienti da diverse aree geografiche ed esperienze culturali e musicali. Il Mare Nostrum è inteso come luogo ideale dove sono possibili la compresenza di passato, presente e futuro, e la convivenza delle esperienze e degli ideali dei popoli che si bagnano nelle sue acque.

Shulùq è la traduzione dall’italiano all’arabo del nome che si da al vento “scirocco” (vento di mezzogiorno), ed è il termine usato dai marinai tunisini per indicare il vento caldo proveniente dal Sahara e da altre regioni del nord Africa che soffia su tutte le terre bagnate dal Mare Nostrum.

Lo scirocco è uno dei venti più familiari nel bacino del mediterraneo e del suo nome esistono numerose traduzioni: siroc in francese e provenzale, xaloc in catalano, siroco, jiroque, jaloque o xaloque nei diversi dialetti spagnoli, siròkos in greco moderno. Ma la cosa più interessante è che in una sorta di affettuosa “appropriazione” le genti del mediterraneo lo chiamano in modo diverso secondo il luogo in cui spira: jugo nella ex Yugoslavia, ghibli inLibia, mentre sulle coste francesi, caricatosi di umidità, assume il nome di marin.

Shulùq, questo vento caldo ed umido, simboleggia il fiato, il respiro del Mediterraneo, e per estensione l’anima del Mare Nostrum, un “ponte” fatto di armonie, di suoni e di sensibilità che accomunano tutte le genti che vivono sulle sue coste.

I loro miti, i colori, i profumi ed i racconti, il loro sentire unico seppure espresso in multiformi generi e stili, in un grande alveo umano e geografico pieno di echi culturali remoti e recenti, di storie intrecciate, di fatica e dolore, di gioie e passioni, di partenze ed esodi, di speranze e nostalgie, sonante in polifonia di lingue diverse: un “mare nostro” che nonostante tantissime volte si sia bagnato di sangue, riesce comunque a parlare di pace.